Quest’anno, a Lucca Comics & Games, Hideo Kojima e Yoji Shinkawa sono stati accolti dal pubblico con un entusiamo mai visto, quasi in delirio, come si accoglie chi ha contribuito a ridefinire l’immaginario del videogioco moderno. D’altronde, Lucca sa trasformare ogni incontro in qualcosa di unico: le sue chiese, i palazzi, i balconi che si affacciano sulla folla, tutto contribuisce a creare un’aura mistica attorno ai propri ospiti. E come in ogni rito che si rispetti, anche qui c’è stato un momento “sacro”, quello a porte chiuse, nella sala stampa, dove Kojima e Shinkawa hanno condiviso riflessioni più intime.
Da oltre trent’anni, il genio visionario e il suo compagno d’arte formano una coppia inseparabile, legata da un linguaggio creativo che solo loro sembrano comprendere appieno.
“All’inizio degli anni Duemila,” ha raccontato Kojima, “Internet è diventato parte della nostra quotidianità. Potevamo essere connessi sempre e ovunque. Quella connessione avrebbe dovuto unirci, ma i social media hanno cambiato tutto. La gente ha iniziato a dire qualsiasi cosa, ad avvicinarsi troppo, fino a scontrarsi. Non sono contrario alla tecnologia, ma volevo ricordare alle persone anche il valore dell’esperienza analogica, quella più umana.”
Da questo pensiero è nato Death Stranding. Non un gioco sulle connessioni digitali, ma sui legami reali tra le persone, su come gli esseri umani riescano davvero a entrare in contatto. Camminare, connettersi, sopravvivere
Durante la pandemia, quel messaggio ha assunto un peso ancora maggiore. “Nel lockdown tutto era remoto: concerti, feste, perfino le bevute tra amici,” ha ricordato Kojima. “Ma mi chiedevo: è davvero questa la vita che vogliamo? Gli esseri viventi si sono evoluti spostandosi. Gli animali hanno lasciato l’acqua per la terra, gli uomini hanno camminato da un continente all’altro. Muoversi, incontrarsi, è ciò che ci rende umani.”
Nel passaggio dal primo al secondo capitolo, questa riflessione è diventata anche visiva. “Il logo di Death Stranding 2 deriva da quello del primo episodio, ma rappresenta una caduta, una trasformazione,” ha spiegato Kojima. “Quando siamo completamente controllati dalla rete, perdiamo la nostra privacy e diventiamo vulnerabili. Non è questo il futuro che immagino. Nel gioco volevo rimettere in discussione proprio l’idea di “connessione”.”
Shinkawa: “Kojima mi sorprende sempre”. Il fedele Yoji Shinkawa, da sempre artefice delle iconiche figure nate dalla mente di Kojima, ha raccontato il loro metodo di lavoro. “Ogni progetto comincia con una parola di Hideo,” ha detto sorridendo. “Da lì provo a interpretare la sua visione, ma è complicato: le sue idee sono dense, stratificate. Disegno, gli mostro il risultato, e lui vede qualcosa che io non avevo colto. Mi spinge oltre, mi fa ridisegnare, e insieme andiamo più lontano. È così da sempre.”
Creare un seguito, per Kojima, non significa mai ripetersi. “Ogni volta che inizio un nuovo gioco, cerco un design completamente diverso,” ha raccontato. “Anche con Metal Gear Solid ogni capitolo era una sfida nuova. In Death Stranding 2 volevo mantenere ciò che i giocatori avevano amato, ma renderlo più libero, più accessibile, e allo stesso tempo più profondo. Ho cercato un equilibrio tra comfort e complessità.” La musica, come sempre, è parte essenziale del suo linguaggio. “Per me la colonna sonora è parte del racconto, come nel cinema. Scelgo ogni brano in base alle emozioni che deve trasmettere. Con Ludvig Forssell abbiamo trovato una sintonia totale: veniva spesso in studio, modificavamo i pezzi insieme. Anche con Woodkid è nata una collaborazione intensa, e nel gioco ci saranno brani inediti di Low Roar, rimasti dopo la sua scomparsa.”
Kojima ha poi svelato una piccola confessione personale: “Sono un grande fan dei New Order. Li ascolto da quando è morto mio padre; la loro musica mi ha aiutato a superare quel dolore. Ho quindici magliette di Unknown Pleasures, ma non le indosso per moda. È un ricordo intimo.”
Shinkawa ha raccontato anche un curioso retroscena su una delle creature più imponenti del gioco. “Non era nei piani. Doveva essere un nuovo BT, poi durante lo sviluppo abbiamo iniziato a lavorare sulla Magellan, che inizialmente somigliava più a un sottomarino. Poi l’abbiamo trasformata, prendendo spunto dal Metal Gear Rex. All’inizio era uno scherzo, ma alla fine ci è piaciuta così tanto che l’abbiamo tenuta. A volte le migliori idee nascono per caso.”
Quando gli è stato chiesto quale personaggio gli fosse rimasto nel cuore, Kojima non ha avuto dubbi. “Cliff, interpretato da Mads Mikkelsen, è amatissimo, e lo so che vi aspettate Neo, è un bel personaggio, ma io ho un legame speciale con Fragile. In Death Stranding 2 è una delle protagoniste principali. Léa Seydoux ha una naturalezza che mi commuove ogni volta. Le ho chiesto persino una canzone per il suo personaggio: quando Fragile compare sullo schermo, si sente il suo tema. È un personaggio che amo davvero. Giocate fino alla fine, capirete perché.”
Tra riflessioni e aneddoti, l’incontro con Kojima e Shinkawa è stato un viaggio dentro la loro filosofia: la creazione come empatia, come atto di resistenza contro la superficialità digitale. “Alla fine,” ha detto Kojima, “i videogiochi non sono solo tecnologia. Sono emozione, movimento, contatto. Sono un modo per continuare a capirci, anche in un mondo che spesso sembra volerci dividere.”
Kojima ha svelato la genesi di Death Stranding 2: On the Beach. Il progetto era già in corso durante la produzione del primo capitolo, ma la pandemia ne ha stravolto il destino. “Avevamo iniziato a pensarci nel 2020,” ha raccontato, “ma con il Coronavirus tutto è cambiato. Il mondo reale è diventato completamente diverso da quello che avevo immaginato.” Costretto a lavorare in isolamento, Kojima ha riscritto ogni cosa. “Durante la pandemia ho ricreato la storia da zero. È così che è nato Death Stranding 2. Il tema del primo gioco era “Dovremmo connetterci?”. Nel sequel esploro l’idea opposta. Se non ci fosse stato il Coronavirus, sarebbe stato un gioco completamente diverso.” La produzione, naturalmente, non è stata semplice. “Per due o tre anni abbiamo lavorato quasi tutti da remoto,” ha ricordato. “Anche la performance capture degli attori si faceva a distanza. È stato un periodo difficile, ma alla fine ne è valsa la pena.”
Con un sorriso, Kojima ha chiuso così il racconto: “Death Stranding 2 non è solo una storia di finzione. È anche il risultato di una lotta reale contro la pandemia. È costato tempo, fatica, ma credo che sia venuto davvero bene. Anche se abbiamo accumulato due anni di ritardo, sono felice del risultato.”



Condividi:
- Fai clic per condividere su Bluesky (Si apre in una nuova finestra) Bluesky
- Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra) WhatsApp
- Fai clic per condividere su Mastodon (Si apre in una nuova finestra) Mastodon
- Fai clic qui per condividere su Reddit (Si apre in una nuova finestra) Reddit
- Articolo
